Un mondo nuovo
200 milioni di anni fa, alla fine del Triassico e all’alba del Giurassico, il nostro mondo fu sconvolto dalla sua quarta grande estinzione di massa, che pose fine a quasi il 60% delle specie note. Le cause? Non pervenute. Già, non tutte le estinzioni godono di grandi crateri di impatto e di scienziati il cui più grande dubbio nella vita è capire se è avvenuto prima il meteorite o una super eruzione vulcanica… Altre estinzioni, come questa, sono ancora avvolte nell’oblio, con solo qualche ipotesi più o meno consistenti.
Ad ogni modo, aldilà delle cause, furono tanti i cambiamenti che interessarono il nostro pianeta da quel momento in poi, ma due furono i più importanti: la totale divisione del supercontinente Pangea e l’inizio del dominio dei dinosauri sulla terraferma.
In particolare, la divisione della Pangea, già iniziata durante il Triassico, risulterà un fattore molto importante nella nostra storia: a nord, infatti, avremo la Laurasia, il grande continente che comprendeva l’attuale Eurasia e il Nord America, mentre a sud avremo il Gondwana, composto da Africa, Sud America, Oceania, Antartide e India e, tra questi due grandi blocchi di terra, un oceano interno “la Tetide” da cui deriveranno tutti gli oceani attuali.
È in questa nuova realtà che i primi crocodilomorfi si ritrovarono a dover sopravvivere. Gli ultimi sopravvissuti di un enorme clade che aveva dominato il Triassico, si ritrovarono alieni in un mondo non più loro e in continuo cambiamento, dove i dinosauri riuscirono a prendere il sopravvento diventando nel tempo i grandi animali che tutti noi conosciamo, sia in qualità di grandi e piccoli predatori, sia come erbivori di tutte le taglie, più o meno corazzati e armati. Insomma, la terraferma risultava davvero troppo carica per quei piccoli animali che erano allora i crocodilomorfi, sia come Sphenosuchi che come più derivati, ma comunque molto simili, “Protosuchi“. Cosa fare perciò?
Il dominio delle acque
A partire dal margine Triassico/Giurassico, circa 196 milioni di anni fa, un piccolo rettile iniziò a mostrare un body plan diverso rispetto agli altri suoi cugini “Protosuchi“. Il suo nome era Calsoyasuchus valliceps ed è stato il primo crocodilomorfo semiacquatico a solcare il nostro pianeta!
Facciamo però un passo indietro: nel mio precedente articolo, avevo descritto a grandi linee l’anatomia dei più antichi crocodilomorfi, gli Sphenosuchia, che ho presentato come gli “antenati comuni” di tutti i crocodilomorfi successivi e, infatti, da loro si differenziò un clade interno, più vicino filogeneticamente agli attuali Crocodylia: Crocodyliformes.
I membri più antichi furono piccoli rettili, molto simili ai loro antenati Sphenosuchi, fatti rientrare provvisoriamente nel gruppo dei “Protosuchi“, che rappresentano i capostipiti di tutti i crocodiliformi successivi. E fu proprio un “Protosuco” l’animale che si avvicinò all’ambiente acquatico, dando così vita a un nuovo clade di crocodiliformi primariamente semiacquatici: i Neosuchi, di cui il già citato Calsoyasuchus valliceps è il membro più antico.
I Neosuchi furono un clade di grande successo che ebbero, nel corso del Mesozoico e del successivo Cenozoico, una grande distribuzione tra oceani, mari e acque fluviali, dove tutte le specie furono più o meno caratterizzate da un elemento in comune: lo stesso body plan complessivo. Questo si deve a un fenomeno noto come convergenza evolutiva, che lega stessi stili di vita (in questo caso acquatiche) a stesse morfologie funzionali. Convergenze evolutive per tale body plan “crocodliano” era già presenti negli antichi anfibi Temnospondili e negli arcosauriformi triassici Phytosauria.
Ma chi erano effettivamente i componenti di Neosuchia?
I Neosuchia
I più antichi erano sicuramente i Goniopholididae, crocodiliformi semiacquatici che mostrano bene il passaggio, nelle forme più ancestrali, dalla vita terrestre a quella semicquatica, con uno stile di vita complessivo simile a quello dei coccodrilli e degli alligatori americani. Particolarità del genere Anteophtalmosaurus sono le orbite frontali, che lasciano supporre una biologia tendenzialmente diversa rispetto agli attuali coccodrilli.
Gli Atoposauridae erano crocodiliformi nani, la cui taglia media era di circa 40 cm e la cui dieta era composta prevalentemente da piccoli animali e insetti, come fanno oggi gli esemplari infantili dei Crocodylia; è infatti probabile che questi animali siano un caso di neotenia, fenomeno evolutivo che comporta il mantenimento di caratteristiche giovanili negli adulti.
I Tethysuchia erano un clade di crocodiliformi semiacquatici diffusi a partire dal Cretaceo dotati di un corpo idrodinamico simile a quello dei gaviali, ma tendenzialmente più marini, in grado di muoversi all’interno dell’oceano Tetide, dove si nutrivano prevalentemente di pesci; due sono i membri principali del clade, i Pholidosauridae, il cui genere più famoso è il gigante Sarcosuchus, presente sia in Africa che in Sud America, e i Dyrosauridae.
Gli Eusuchia sono il grande clade che comprende gli attuali Crocodylia e i loro parenti più prossimi, che verranno analizzati meglio in un altro articolo (stay tuned!).
Gli Stomatosuchidae sono il clade più insolito all’interno dei Neosuchia, composto da animali che, essendosi ritrovati in un ambiente carico di predatori, hanno iniziato a nutrirsi in modo diverso sviluppando, così, fauci lunghe e larghe, simili al becco di un pellicano che in vita probabilmente tenevano costantemente aperte mentre viaggiavano per nutrirsi passivamente di qualunque cosa incontrassero durante il loro tragitto, come fa ancora lo squalo elefante.
I dominatori del mare
Un altro grande gruppo di animali è fatto rientrare storicamente entro Neosuchia:
I Thalattosuchia, crocodiliformi primariamente marini e oceanici diffusi dal Giurassico e che hanno avuto un’espansione quasi globale arrivando anche in Italia (un tempo crosta dell’oceano Tetide.
Tuttavia, l’appartenenza di questo gruppo ai Neosuchia è stata messa in dubbio a partire dal 2015 e se questa ipotesi venisse confermata avrebbe un peso enorme sulla storia evolutiva dei Crocodylomorpha, in quanto indicherebbe come questi ultimi siano migrati verso il mare non solo una, ma bensì due volte! I Thalattosuchia erano suddividi in due famiglie, legate tra loro da un rapporto di discendenza:
-I Teleosauridae, dal corpo tipicamente idrodinamico e “gavialiforme”, dotati di osteodermi molto sottili, utili a mantenere una maggiore idrodinamicità durante il nuoto e dotati di zampe posteriori molto sviluppate, che probabilmente avevano un ruolo attivo durante il nuoto.
-I Metriorhynchidae, forse i più spettacolari crocodiliformi marini mai vissuti, che hanno spinto al massimo il concetto di “adattamento alla vita acquatica”: essi, infatti, erano totalmente privi di osteodermi, vivipari (partorivano direttamente la prole in acqua) e dotati di zampe trasformate in vere e proprie pinne e di una coda bilobata utile a muoversi più agevolmente in acqua.
“Croco-Godzilla”
Ad oggi nessun dinosauro marino è mai stato ritrovato, nonostante spesso questo termine venga usato in modo totalmente errato per descrivere rettili marini come plesiosauri e mosasauri. Tra i Metriorinchidi (paragrafo precedente) esisteva qualcosa di decisamente molto simile a quest’ultimi: Dakosaurus andiniensis.
Questo animale, come gli altri suoi simili, aveva un corpo fusiforme e idrodinamico e una lunghezza compresa tra i 4 e i 5 metri, ma con qualcosa che lo rendeva diverso da tutti gli altri: il suo cranio. Esso, infatti, non aveva il muso allungato e sottile tipico dei suoi simili, ma un muso molto più corto e schiacciato, simile a quello di dinosauri come gli Allosauridae, dotato di denti caniniformi seghettati e affilati come coltelli, caratteri praticamente unici tra i Metriorhynchidae e che rendevano questo animale uno dei più pericolosi, se non proprio il più pericoloso predatore vissuto nel mare giurassico situato dove oggi è il Nord Europa.
La maggior parte degli altri predatori marini a lui coevi, come per esempio i pliosauridi, sebbene potessero raggiungere dimensioni anche molto maggiori rispetto a D. andiniensis, erano dotati di mascelle poco mobili che rendevano molto difficile e faticoso lo smembramento di grandi prede. Dakosaurus invece, con le sue peculiari fauci, è stato in grado di compensare le ridotte dimensioni con la velocità e con la ferocia, iniziando a nutrirsi delle proprie prede mentre queste erano ancora in vita, affondando le fauci nel loro corpo e strappando sempre più pezzi di carne in una serie di attacchi mirati a silurare la vittima, finché poi questa non moriva dissanguata.
La Bestia in attesa
Sulla terraferma, nelle profondità del Gondwana giurassico, dove oggi è situato il Madagascar, una bestia inimmaginabile semina il terrore tra i sauropodi di cui si nutre e tra i teropodi con cui compete per la sopravvivenza. Da questa creatura e dai suoi ignoti cugini giurassici partirà una radiazione che darà luce ad alcune delle più assurde e incredibili creature che il mondo abbia mai visto e che troveranno la loro fine soltanto nel Miocene, 10 milioni di anni fa.
Non perdete il prossimo articolo… Mr. Raz vi aspetta!
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Un grande ringraziamento va al nostro collaboratore esterno Fabio Mongiovì per la sua passione e preparazione!
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Fonti:
De Andrade; Young; Desojo & Brusatte, 2010. “The evolution of extreme hypercarnivory in Metriorhynchidae (Mesoeurocrocodylia: Thalattosuchia) based on evidence from microscopic denticle morphology.”
Young; Brusatte; De Andrade; Desojo; Beatty; Steel; Fernández; Sakamoto; Omeñaca & Schoch, 2012. Butler ed. The Cranial Osteology and Feeding Ecology of the Metriorhynchid Crocodylomorph Genera Dakosaurus and Plesiosuchus from the Late Jurassic of Europe.”
Wilberg; Turner & Brochu, 2019. “Evolutionary structure and timing of major habitat shifts in Crocodylomorpha.”
Photocredit
Nobu Tamura (http://spinops.blogspot.com), CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, via Wikimedia Commons