Dare un’altra possibilità a un ecosistema estinto.
L’incredibile appeal che le creature preistoriche esercitano da sempre verso il grande pubblico ha spesso fatto la fortuna di scrittori e registi le cui opere pullulano di stupefacenti animali ormai estinti. Punto di riferimento di questo genere è, senza ombra di dubbio, Jurassic Park, romanzo scritto da Michael Crichton e riadattato da Steven Spielberg per il grande schermo. La storia del parco tematico, le cui principali attrazioni sono i rettili provenienti direttamente dal Mesozoico, ha fatto sognare milioni di persone, molte delle quali si sono avvicinate alla paleontologia (o alla zoologia in generale) proprio grazie a quest’opera di fantascienza. Poter visitare un “parco preistorico” è quindi da sempre una delle più grandi fantasie di appassionati di ogni età.
Sogno che potrebbe diventare realtà grazie al lavoro di un gruppo di ricercatori guidati da Sergey Zimov e dal figlio Nikita. Scopo del loro progetto è stata la creazione di una riserva naturale che “riportasse in vita” un ecosistema ormai estinto. Ovviamente ci sono delle differenze sostanziali tra il “parco” di Spielberg e quello di Zimov; a partire dal nome: il progetto è stato infatti chiamato “Pleistocene Park”. Si palesa quindi un’altra differenza fondamentale, ossia il periodo preso in considerazione: al posto del Mesozoico di Crichton, per ovvi motivi, il team russo si è concentrato su un ecosistema più prossimo a noi, ovvero quello del Pleistocene (tra 2,58 milioni di anni fa e 11.700 anni fa). L’obbiettivo è quindi quello di reintrodurre i grandi mammiferi della megafauna euroasiatica, che esistono ancora oggi, in una riserva naturale, al fianco di alcuni animali estinti di questo periodo come rinoceronti lanosi e mammut, al fine di ricreare l’ecosistema del Pleistocene.
Fig.1: Paleoart di Jay Maternis rappresentante le steppe del Pleistocene.
STORIA DEL PARCO
Il parco si trova nell’estremo oriente russo, più precisamente nella repubblica di Sacha-Jacuzia, e non è molto distante dalla Northeast Science Station (NESS) il quale direttore negli anni ’80-‘90, Sergey Zimov, ebbe per primo l’idea di realizzare un parco che ricreasse l’ecosistema del Pleistocene; egli infatti si sentiva “in colpa” a nome dell’umanità per ciò che successe 20/30 mila anni prima alla fauna della regione, estintasi subito dopo l’apparizione dell’uomo.
Fig.2: Sergey Zimov, scienziato e geofisico russo.
Il parco venne ufficialmente costruito nel 1996, sebbene comprendesse un territorio che si sviluppava per soli 50 ettari di terreno (la cosiddetta “oldfenced area”). Col passare degli anni, ovviamente, nuove specie furono introdotte e conseguentemente il parco fu allargato, raggiungendo l’attuale ampiezza di 1600 ettari, 32 volte l’estensione dell’originale.
Attualmente, il parco non è più gestito dal suo fondatore ma da suo figlio Nikita Zimov, che si batte ardentemente contro l’effetto serra e, dunque, il surriscaldamento globale: a testimonianza di ciò, nel 2007 il giovane direttore fece costruire una torre alta 35 metri per monitorare costantemente i livelli di metano, CO2, vapore acqueo e temperatura all’interno del parco.
IMPORTANZA DEL PARCO
Le informazioni che la torre prima citata del Pleistocene Park registra sono di vitale importanza anche per la divisione di monitoraggio globale della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), tanto che il progetto del parco è stato inserito nella lista delle 100 soluzioni più sostanziali al surriscaldamento globale.
L’ecosistema del Pleistocene ha la “capacità”, inoltre, di ridurre passivamente l’effetto del global warming e di evitare lo scioglimento del permafrost (il territorio perennemente ghiacciato tipico di Russia, Nordeuropea e America settentrionale, FIG.3), dato che negli ultimi 40 anni la temperatura della zona è aumentata di ben 3 gradi centigradi, avvicinandosi sempre più al limite. Gli animali infatti, calpestando il suolo innevato lo rendono più denso e permettono un congelamento molto più “profondo” durante l’inverno.
È importante affermare come un mantenimento della superficie nevosa serva, inoltre, a conservare lo strato di carbonio organico sottostante il terreno della regione (la più grande riserva di questo materiale al mondo) che, in caso di scioglimento del permafrost, si trasformerebbe in una gigantesca “bomba”. Per di più all’interno delle caverne ghiacciate tipiche del fenomeno prima citato sono conservati miliardi di microbi che, in caso di scomparsa del ghiaccio, inizierebbero subito a nutrirsi (essendo stati a digiuno per circa 30 mila anni), producendo conseguentemente gas serra e, dunque, costituirebbero un altro fattore di surriscaldamento.
Il Pleistocene Park è anche importantissimo per quanto riguarda la conservazione di specie a rischio di estinzione o, addirittura, per la reintroduzione di animali oggi estinti, quali il Mammut o il rinoceronte lanoso.
Fig.3: Permafrost.
FAUNA DEL PARCO
La riserva naturale è già abitata da erbivori di grandi dimensioni come:
• renne (Rangifer tarandus), di cui si possono contare una trentina di individui;
• bisonti europei (Bison bonasus), una delle specie chiave del parco, introdotti una prima volta nel 2011 e, di nuovo, nel 2019 con 12 esemplari provenienti dal Ditlevsdal Bison Farm in Danimarca;
• alci (Alces alces), da 5 a 15 individui;
• buoi muschiati (Ovibos moschatus), 4 esemplari maschi provenienti dall’Isola di Wrangel. Nuove introduzioni sono previste per il 2019;
• cavalli Yacut (Equus ferus caballus), prima specie introdotta nella riserva, già con 25 individui nel 1996 per via della facile reperibilità di questi animali nella regione;
• yak (Bos grunniens mutus), 8 esemplari introdotti nel parco nel 2017 dalla regione del Baikal;
• mucche Kalmyk (Bos taurus), 15 individui introdotti nel 2018 come sostituti temporanei per i bisonti;
• pecore Edilbaevskaya (Ovis aries orientalis), 18 esemplari introdotti nel 2017.
Altri erbivori presenti nella riserva sono la lepre bianca (Lepus timidus), la marmotta dalla testa nera (Marmota camtschatica), il topo muschiato (Ondatra zibethicus) e altre specie di roditori.
Tra gli animali carnivori possiamo invece trovare l’orso bruno (Ursus arctos arctos), il ghiottone (Gulo gulo), la volpe artica (Vulpes lagopus), il lupo grigio della tundra (Canis lupus albus), la lince europea (Lynx lynx), la volpe rossa (Vulpes vulpes), l’ermellino (Mustela erminea) e lo Zibellino (Martes zibellina), molti dei quali presenti sul territorio già prima dell’inizio del progetto.
Fra i vari animali considerati per la reintroduzione nella riserva vi sono:
• il bisonte americano (Bison bison);
• l’Altai wapiti (Cervus canadensis sibiricum);
• la saiga (Saiga tatarica);
• il cammello (Camelus bactrianus);
• la tigre siberiana (Panthera tigris altaica), che, in qualità di grande predatore, avrebbe un ruolo chiave nella regolazione del numero dei grandi erbivori.
Per ricreare alla perfezione quello che doveva essere l’ecosistema del Pleistocene mancano solo gli animali oggi estinti, che diecimila anni fa calpestavano queste steppe, primo fra tutti il mammut lanoso (Mammuthus primigenius). Sfortunatamente siamo ancora lontani (ma neanche troppo) da una vera e propria de-estinzione di questi mammiferi dell’Era glaciale, anche se, dei ricercatori della Kyoto University, che si occupavano di estrarre DNA da un resto ben conservato di mammut ritrovato in Russia, hanno indicato proprio il Pleistocene Park come miglior luogo per reintrodurre questi animali del passato. Discorso simile si può fare per altri animali estinti dello stesso periodo come il rinoceronte lanoso (Coelodonta antiquitatis) o il leone delle caverne (Panthera leo spelaea). Attualmente non siamo ancora in grado di riportare in vita questi animali ma, in un prossimo futuro, forse si, e il Pleistocene Park sarà sicuramente in grado di accoglierli al meglio.
Quello del Pleistocene Park, a prescindere da mammut e rinoceronti lanosi, resta comunque un grande progetto dall’elevata importanza sia sul piano naturalistico/zoologico sia su quello ambientale e della lotta al riscaldamento globale. Gli Zimov e i loro collaboratori stanno creando una riserva naturale unica nel suo genere destinata a divenire un esempio nel settore.
E poi chissà; magari, tra qualche decina d’anni, potremo anche noi sentirci come in un libro di Crichton e visitare una riserva in cui, al fianco dei turisti, pascola indisturbato un gruppo di animali (non più) estinti.
FONTI:
https://pleistocenepark.ru https://www.facebook.com/PleistocenePark
PhotoCredit:
Fig.1: https://s3.amazonaws.com/images.gearjunkie.com/uploads/2017/04/Pleistocene-park-jurassic-park-of-today.jpg
Fig.2: reviverestore.org/wp-content/uploads/2014/10/sergey_zimov-1024×587.png
Fig.3: https://2.bp.blogspot.com/-m-T9zt1AHSs/WnibDI1mPUI/AAAAAAAAOx8/U0dDFdl68DYYE17siRZ0xZGIhmyYiZiXQCLcBGAs/s1600/Melting%2Bpermafrost%2Bin%2BSvalbard%252C%2BNorway__151.jpg