Gli ingegneri meccanici del Georgia Institute of Technology di Atlanta hanno indagato sul funzionamento della proboscide dell’elefante africano. In questo esperimento si sono concentrati sulla capacità di raccogliere il cibo, con precisione, usando la loro possente proboscide
Tutti noi conosciamo gli elefanti (Loxodonta africana): le loro grandi orecchie, le loro zanne d’avorio e la loro lunga proboscide. Proprio quest’ultima è stata l’oggetto dello studio degli ingegneri meccanici del Georgia Institute of Technology (GIT) di Atlanta (USA), i quali si sono posti una domanda molto interessante: come fanno ad essere così precisi nel raccogliere oggetti leggerissimi (come le foglie) con la loro enorme proboscide?
Gli elefanti sono gli unici mammiferi terrestri esistenti ad aver evoluto un’appendice così lunga e senza ossa come la proboscide. Flessibile e prensile, dal peso incredibile di circa 100 kg, è lo strumento che permette all’elefante di consumare 200 kg di vegetazione giornalmente, raccogliendo per più di 15 ore al giorno erba, foglie e frutti. Tuttavia i meccanismi del suo funzionamento sono ancora poco conosciuti, per questo motivo gli ingegneri del GIT hanno investigato sia su come il pachiderma utilizzi i flussi d’aria per raccogliere oggetti sia sulla meccanica dei fluidi (pressione, durata e velocità) dell’aspirazione.
Già nel 1871 Darwin riportò che gli elefanti utilizzavano getti d’aria per raggiungere e/o spostare oggetti fuori dalla loro portata. Essi infatti usano aria e acqua per manipolare l’ambiente che li circonda: possono regolare il flusso d’aria a seconda della distanza dell’oggetto, possono raggiungere, con la loro proboscide flessibile, l’acqua in fessure profonde per poi spruzzarsela addosso per lavarsi ed inoltre possono utilizzarla per respirare quando camminano in acque profonde. Tipicamente, gli animali che utilizzano i flussi d’acqua per manipolare oggetti li troviamo in ambiente acquatico: il pesce arciere utilizza un getto d’acqua per colpire la preda, i calamari e i polpi utilizzando getti subacquei per muoversi ed incrementare la velocità e molti pesci si cibano aspirando la preda.
Gli ingegneri del GIT hanno utilizzato gli ultrasuoni per comprendere meglio come funziona la proboscide. L’elefantessa di 34 anni dello zoo di Atlanta ha aiutato gli ingegneri nel loro esperimento. Prima di tutto hanno scoperto che la capacità di ogni narice può aumentare quando aspirano l’acqua, passano infatti da una capacità di circa 5 litri fino ad una capacità di circa il 60% in più. Inoltre, l’acqua all’interno della narice scorre molto velocemente, circa 3.7 litri al secondo, che equivale a circa 24 docce aperte contemporaneamente. Dopodiché hanno analizzato la capacità prensile della proboscide, hanno offerto al pachiderma dei cubetti di rutabaga (pianta simile ad una grossa rapa) e delle tortillas. La delicatezza e la precisione della punta prensile della proboscide le ha permesso di raccogliere sia il cubo che la tortilla, senza problemi. Quando invece le sono stati offerti più cubi contemporaneamente, l’elefante è passato alla modalità “aspirapolvere”, inspirando più profondamente con i polmoni è riuscita ad aspirare tutti i cubetti di rutabaga, in questo caso però le narici non si sono dilatate. Infine, basandosi sulle quantità di fluidi inspirato dal pachiderma, hanno calcolato che il flusso di aria che passa attraverso le narici può superare i 150 metri al secondo, circa 30 volte più veloce di uno starnuto umano.
Fonti:
SCHULZ, Andrew K., et al. Suction feeding by elephants. Journal of the Royal Society Interface, 2021, 18.179: 20210215.
Immagine in evidenza: https://pixabay.com/it/photos/elefante-animale-zoo-111695/
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