È possibile che gli animali si stiano già adattando al cambiamento climatico?

Alcuni animali a sangue caldo si stanno adattando alle temperature più calde sviluppando becchi, zampe e orecchie più grandi per regolare la loro temperatura corporea

Uno studio pubblicato su Trends in Ecology and Evolution dalla ricercatrice Sara Ryding dell’università australiana di Deakin, ha esaminato dei cambiamenti morfometrici nell’anatomia di alcuni uccelli e mammiferi che sembrerebbero legati ai cambiamenti climatici. Com’è possibile che gli animali cambino la struttura del proprio corpo per far fronte alle intemperie?

Adattamenti simili nella storia evolutiva di mammiferi e uccelli non sono rari. Basti pensare a due esempi tipici di adattamenti estremi a temperature molto calde e molto fredde: il fennec, tipico del deserto del Nordafrica, e la lepre artica, tipica della tundra del Nord America. Il fennec, per far fronte al caldo torrido del deserto, ha sviluppato diversi adattamenti nella morfologia del corpo che gli consentono di abbassare la temperatura corporea il più possibile. Un esempio lo troviamo in bella vista sul suo capo: le grandi orecchie tonde. Avere grandi orecchie in un ambiente caldo significa avere una parte del corpo riccamente irrorata di vasi sanguigni a contatto con l’aria che gli permette un raffreddamento corporeo più rapido. Per temperature sotto lo zero, invece, la lepre artica ha sviluppato altri adattamenti. Un esempio evidente, oltre la folta pelliccia a due strati, è possibile notarlo nel comportamento che la lepre, e altri animali di ambienti freddi, attuano per sopravvivere: si rannicchiano cercando di esporre meno superficie corporea possibile ai venti freddi.

Fra le teorie ecologiche più famose che mettono in relazione le proporzioni corporee con fattori ambientali troviamo la regola di Bergmann. Secondo il biologo tedesco Christian Bergmann, gli organismi di dimensioni maggiori possiedono un rapporto fra superficie e volume minore rispetto a quelli di piccole dimensioni. Dimensioni minori dovrebbero essere favorite in ambienti desertici poiché disperdono più facilmente il calore, il contrario dovrebbe avvenire per gli animali di grandi dimensioni. Come sempre in natura esistono delle eccezioni ed è possibile trovare animali di grandi dimensioni in ambienti desertici e viceversa. Questi, però, hanno sviluppato adattamenti ulteriori che gli permettono di sopportare i climi avversi. L’elefante citato prima, ad esempio, che dovrebbe essere un’eccezione alla regola di Bergmann, ha sviluppato lo stesso adattamento del fennec: grandi orecchie per disperdere il calore più facilmente.

Lo studio di Ryding ha messo in evidenza come vi sia stato un aumento nelle dimensioni del becco di alcuni pappagalli australiani a partire dal 1871. Questo cambiamento di dimensione è risultato essere correlato positivamente con l’aumento delle temperature estive. Studi sul junco occhi scuri del Nord America riportano simili correlazioni fra le dimensioni del becco e alterazioni estreme di climi freddi. Fra i mammiferi, invece, troviamo un aumento della lunghezza della coda e delle zampe del toporagno Sorex cinereus.

La stessa ricercatrice spiega che, ad oggi, questa alterazioni delle proporzioni può sembrare di poco conto ma il trend che si sta osservando potrebbe essere più evidente nell’immediato futuro. Importante è ciò che comunica Ryding in merito a questi adattamenti negli animali studiati:

Il cambiamento climatico che abbiamo creato sta esercitando una forte pressione su di loro, e mentre alcune specie si adatteranno, altre non lo faranno”.

Immagine in evidenza: Mykola Swarnyk, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, via Wikimedia Commons

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