Una nuova ricerca focalizzata sui feti degli uccelli ha analizzato la percezione dei canti della madre già prima della schiusa dell’uovo
Come accade nella maggior parte delle scoperte: avvengono per caso. Diane Colombelli-Négrel, ricercatrice australiana, stava studiando le vocalizzazione di una specie di passeriforme, lo scricciolo azzurro superbo (Malurus cyaneus), quando notò qualcosa di insolito: una madre cantava durante la cova. Un comportamento molto strano, poiché durante la cova, momento delicatissimo ed importantissimo per ogni specie, si cerca di mantenere un profilo basso per non attirare i predatori.
Fu così che si pose la domanda se fosse mai possibile che i piccoli imparino le vocalizzazioni e i canti già nell’uovo. Negli umani, ad esempio, il feto impara a riconoscere la voce della madre, ma in molte specie di uccelli, i piccoli hanno bisogno di un “tutoraggio”, ben dopo la schiusa, per imparare a vocalizzare. Già in passato, scoprirono che i piccoli imparano una “password” che permette alla madre di distinguerli, per evitare i parassiti di cova come il cuculo. Inoltre, scoprirono che i piccoli, non ancora nati, riconoscevano le vocalizzazione della propria specie e non quelle di altre, in base ad un calo della frequenza cardiaca che, anche nell’uomo, indica una reazione del feto ad uno stimolo.
Con lo studio Prenatal auditory learning in avian vocal learners and non-learners, hanno esteso la ricerca ad altre specie, analizzando le frequenze cardiache embrionali della quaglia giapponese (Coturnix japonica domestica), e di altre tre specie selvatiche: il pinguino minore (Eudyptula minor), lo scricciolo splendente (Malurus elegans) e il fringuello terricolo (Geospiza fuliginosa). Sono state rimosse temporaneamente le uova dei nidi e misurato la frequenza cardiaca, prima, durante e dopo l’esposizione alla riproduzione di canzoni della propria e di altre specie.
Sorprendentemente, hanno scoperto che, quando vengono proposti i suoni, tutti gli embrioni mostrano un abbassamento della frequenza cardiaca e abituazione. Questo significa che riescono a riconoscere le vocalizzazioni della propria specie. Tuttavia, gli scienziati non hanno ancora capito perché i pinguini e le quaglie, che hanno i richiami innati, abbiano questa abilità di riconoscere i canti della propria specie, si ipotizza che possa essere utile per la sopravvivenza.
Da questa ipotesi i ricercatori sperano di poter estendere lo studio a molti altri uccelli per provare che, come negli umani, esiste una comunicazione madre/padre-feto, ma principalmente per comprenderne i vantaggi evolutivi.
Immagine in evidenza: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Male_and_female_superb_fairy_wren.jpg