Del DNA non codificante potrebbe spiegare perché il nostro cervello funziona in modo diverso da quello di uno scimpanzé
Ricercatori dell’università di Lund, in Svezia, hanno scoperto, in uno studio pubblicato su Cell Stem Cell, che una parte del DNA detto “non codificante” potrebbe spiegare perché il nostro cervello funziona in modo diverso da quello di uno scimpanzé. In che modo umani e scimpanzé avrebbero sviluppato diversamente il cervello? Cos’è il DNA non codificante? Cerchiamo di capire in cosa consiste questa ricerca facendo un passo indietro.
Lo scimpanzé comune (Pan troglodites) e il bonobo (Pan paniscus) sono le specie viventi geneticamente più vicine a Homo sapiens. La separazione del genere Homo sarebbe durata diversi milioni di anni in un continuo processo di ibridazione e divergenza. Ad un certo punto, nel tardo Miocene o all’inizio del Pliocene, i primi membri del genere Homo hanno compiuto la separazione definitiva dal genere Pan, in un periodo compreso tra i 13 e i 4 milioni di anni fa.
I ricercatori hanno fatto crescere e differenziare cellule cerebrali di esseri umani e di scimpanzé partendo da delle cellule staminali. Confrontando i due tipi cellulari hanno scoperto che gli esseri umani e gli scimpanzé usano una parte del loro DNA in modi diversi, e questo sembra giocare un ruolo importante nello sviluppo del cervello. La parte del DNA in questione è il così detto “DNA non codificante” o, come veniva definito prima, “DNA spazzatura”, poiché si ignorava la sua funzione.
Circa il 98,5% del genoma umano è composto di sequenze non codificanti, porzioni di DNA che non codificano per nessuna proteina e non passano per la traduzione, il processo biochimico attraverso cui l’RNA messaggero, prodotto dalla trascrizione del DNA, viene decodificato per la sintesi di una proteina. In particolar modo queste stringhe di DNA sono costituite da sequenze ripetute e per lungo tempo si è ritenuto non avessero nessuna funzione (da qui DNA spazzatura).
Studi del genere sono stati resi possibili da una tecnica rivoluzionaria che nel 2012 ha fatto vincere il premio Nobel a Shinya Yamanaka. Il giapponese, infatti, è stato il primo a scoprire che le cellule specializzate possono essere riprogrammate e sviluppate in tutti i tipi di tessuto corporeo, permettendo di condurre questo tipo di ricerche in maniera più etica, evitando la parte di prelievo dei tessuti dagli stessi animali.
Studi futuri potrebbero specificare in che modo questa differenza dei due tipi cellulari ha portato a un diverso sviluppo del cervello nel genere Homo.
Immagine in evidenza: DBeaune, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons