Un’analisi di diversi prodotti alimentari per animali acquisiti a Singapore ha mostrato una notevole presenza di carne di squalo non meglio specificata nell’etichetta
Immaginiamoci di camminare per un supermercato a Singapore e di imbatterci nel classico reparto dei cibi in scatola per animali domestici. Leggendo le etichette dei vari prodotti potrebbe capitarci frequentemente di leggere la dicitura “pesce”, “pesce d’oceano” o “esca bianca”. Una dicitura un po’ ambigua che ha portato i ricercatori dello Yale-NUS College di Singapore a chiedersi: cosa potrà mai significare? Ecco cosa hanno scoperto.
I proprietari di animali domestici di Singapore potrebbero aver inavvertitamente comprato e dato da mangiare ai propri animali carne di diversi squali, fra cui alcuni in pericolo d’estinzione. Queste le rivelazioni scioccanti dello studio pubblicato su Frontiers in Marine Science. Se ci fossero ancora dubbi sul perché sia così importante preservare gli squali, di seguito vi riportiamo un’osservazione importante.
Gli squali sono cruciali per il funzionamento di ecosistemi marini perché spesso predatori all’apice della catena alimentare oceanica. Mantengono l’equilibrio della catena alimentare fungendo da controllo naturale all’aumentare delle popolazioni di prede. Per questo motivo, la perdita di squali, ha portato al declino delle praterie e delle barriere coralline in molti ambienti marini, luoghi in cui i consumatori primari (erbivori) hanno decimato gli abitanti delle barriere.
A mettere a rischio le popolazioni di squalo in tutto il mondo è il crescente commercio delle loro pinne e carne. Nello studio si sottolinea, dunque, come principale minaccia la pesca eccessiva, dovuta principalmente a una mancanza di monitoraggio e una inefficace gestione delle pratiche di pesca. “Le popolazioni di squali sono sfruttate eccessivamente in tutto il mondo, con un calo documentato di oltre il 70% negli ultimi 50 anni. Questo è indicativo dell’attuale mancanza di considerazione in cui versano i nostri oceani“, affermano gli autori Ben Wainwright e Ian French. Lo sfruttamento degli squali, però, non si ferma qui.
La ricerca ha anche scoperto la carne di squalo nei prodotti alimentari per animali da compagnia. Un precedente studio del 2019 ha rilevato la presenza di squali in 78 campioni di cibo per animali domestici raccolti negli Stati Uniti. “Visti i risultati di un precedente studio condotto negli Stati Uniti, volevamo vedere se gli squali in via di estinzione sono venduti anche in cibo per animali asiatici”, hanno spiegato gli autori.
I ricercatori hanno utilizzato il così detto “DNA-barcoding” per indagare se ci fosse DNA di squalo in 45 diversi prodotti alimentari per animali da compagnia da 16 diverse marche in vendita a Singapore. Questa particolare metodica molecolare è stata sviluppata per identificare entità biologiche e si basa sull’analisi della variabilità di un marcatore molecolare, una molecola riconoscibile solo negli organismi soggetti all’analisi.
“Nessuno dei prodotti acquistati elenca lo squalo come ingrediente, utilizzando solo termini generici come “pesce”, “pesce d’oceano” o “esca bianca” per descrivere il loro contenuto“, affermano gli autori. Dei 144 campioni prelevati, il 31% conteneva DNA di squalo. Gli squali più identificati erano lo squalo azzurro (Prionace glauca), lo squalo seta (Carcharhinus falciformis), e lo squalo pinna bianca del reef (Triaenodon obesus). In particolar modo lo squalo di seta e lo squalo pinna bianca del reef sono elencati come vulnerabili nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), motivo per cui, ricerche del genere, sono fondamentali per attestare l’inefficacia delle attuali leggi che regolano la pesca di questi animali e l’etichettatura dei prodotti.
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