Combattere l’inbreeding con l’inbreeding: la conservazione del Lichenostomus melanops cassidix

Introdurre geni esterni potrebbe significare la sopravvivenza del Lichenostomus melanops cassidix, ma significherebbe anche una perdita del patrimonio genetico unico di questo animale?

Per salvare le specie animali e vegetali in pericolo d’estinzione non basta conservare l’habitat dove vivono. Un ulteriore minaccia per la conservazione di questi organismi è la perdita del loro patrimonio genetico. Alcuni ricercatori della Monash University, in uno studio pubblicato su Gigascience, potrebbero aver scoperto come combattere la perdita genetica di questo animale introducendo loro stessi dei geni esterni. Questa è la storia del Lichenostomus melanops cassidix, conosciuto dagli anglofoni come l’helmeted honeyeater (melifago dall’elmo), e di come è possibile che la più grande minaccia che grava su questo animale, possa essere anche la sua salvezza. Questo racconto, presentato così, può sembrare un gomitolo contorto. A sbrogliare la matassa è proprio Alexandra Pavlova, membro del team di ricerca che ha condotto lo studio:

Poiché il melifago dall’elmo è l’ultimo del suo genere, l’inserzione genetica esterna non può venire da un cogenerico, ma deve provenire da una sottospecie diversa. Tuttavia, questo tipo di mescolanza genetica non è comune: i gestori degli ecosistemi in genere evitano di ibridare gli animali con altre sottospecie per paura di perdere la loro unicità genomica“.

Il melifago dall’elmo è un uccello passeriforme della famiglia dei melifagidi. Si tratta di una sottospecie criticamente minacciata, che esiste in natura solo come una piccola popolazione relitta nello Stato australiano di Victoria, nella Yellingbo Nature Conservation Reserve. È l’unico uccello endemico di questo Stato, e, per questo, adottato come uno dei simboli ufficiali.

La popolazione di questo animale è fortemente diminuita nel corso degli ultimi 200 anni, da quando i non indigeni sono arrivati in Australia. Negli anni ottanta rimasero solo circa 50 uccelli. L’uso di misure di conservazione standard, che includono il ripristino dell’habitat e un programma di allevamento in cattività, hanno aumentato la popolazione a circa 250 individui. Tuttavia, queste attività non sembrano sufficienti a garantire un futuro a lungo termine per il melifago dall’elmo.

Un problema importante è che la piccola popolazione rimanente comprende principalmente uccelli strettamente imparentati, con bassi livelli di variazione genetica. Di conseguenza, l’inbreeding è comune, producendo prole che tende a morire giovane e non riprodursi bene. Inoltre, l’inbreeding porta spesso all’accumulo di mutazioni dannose. Pertanto, anche se le condizioni ambientali possono essere migliorate, questi problemi genetici rendono la popolazione vulnerabile all’estinzione, in particolare se colpita da epidemie o altre catastrofi simili. Com’è possibile combattere l’inbreeding con l’inbreeding? Non si perde in ogni caso l’unicità del patrimonio genetico di questo animale? I ricercatori vorrebbero ricorrere a una soluzione estremamente rischiosa che, però, potrebbe essere l’unica soluzione. Sicuramente l’azione di conservazione parte da solide basi.

Gli scienziati hanno decifrato il genoma dell’uccello in maniera impeccabile. Le informazioni sul loro codice genetico sono di così alta qualità che l’idea di utilizzare geni esterni per la loro conservazione, forse, non è poi così folle. Con queste informazioni hanno prodotto una mappa genetica ad alta densità, che include più di 50.000 posizioni di marcatori. Una mappa genetica con così tanti marcatori permetterà agli scienziati di seguire esattamente quale parte di ogni cromosoma in un individuo è stata ereditata da ogni genitore. La nuova sequenza genomica e la mappa genetica saranno utilizzate per guidare il processo di “miscelazione” del DNA dall’esterno. Si apre, dunque, un nuovo capitolo per la conservazione di questo animale.

Immagine in evidenza: Dylan Sanusi-Goh, CC BY 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by/4.0, via Wikimedia Commons

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