Quali habitat andrebbero conservati con più urgenza? La prima analisi globale della biodiversità

La maggiore presenza di barriere sulla terraferma sembra aiutare a guidare l’origine di nuove specie in tutti gli habitat di piante e animali

Quali sono gli strumenti in mano ai conservatori della biodiversità e ai legislatori per capire quali habitat andrebbero protetti con più urgenza? Sicuramente l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) con le sue liste rosse offre strumenti validi per comprendere il grado di minaccia di specie vegetali e animali. Non esiste, però, un’analisi globale della biodiversità che compara l’abbondanza di specie fra oceani, terraferma e acque dolci e che possa dirci quanto i nostri sforzi di conservazione in questi tre ambienti siano influenti. Almeno, fino ad oggi.

Un recente studio condotto dall’Università dell’Arizona pubblicato su Ecology Letters rivela le origini di diverse specie animali e vegetali e le ricchezza in habitat terrestri, oceanici e d’acqua dolce su scala globale. Lo studio esplora anche le possibili cause che hanno portato a tale abbondanza.

Per quanto ne sappiamo, il nostro documento è il primo a fornire un’analisi globale della biodiversità per habitat e a dare possibili spiegazioni su ciò che potrebbe guidare i modelli osservati“, afferma John Wiens, ricercatore che ha condotto lo studio e professore all’Università dell’Arizona.

Lo studio sostiene che, nonostante gli oceani coprano il 70% della superficie terrestre, circa l’80% delle specie vegetali e animali si trova sulla terraferma, che rappresenta solo il 28% della superficie terrestre. Gli habitat di acqua dolce coprono una piccola frazione della superficie terrestre, circa il 2%, ma hanno la più alta ricchezza di specie animali per area. Inoltre, gli autori stimano che il 77% delle specie animali viventi conosciute abitano la terra, il 12% gli habitat oceanici e l’11% gli habitat di acqua dolce. Tra le piante, solo il 2% delle specie vive nell’oceano e solo il 5% in acqua dolce.

Importante per lo studio è stato calcolare la così detta “diversità filogenetica”. Questo valore fornisce una stima di quanto gli organismi siano imparentati l’uno con l’altro. Calcolando la diversità filogenetica per unità di superficie di ciascun tipo di habitat, il team di ricercatori ha scoperto che la diversità delle acque dolci è almeno due volte più alta della diversità degli habitat terrestri e oceanici, sia per gli animali che per le piante.

La creazione di ulteriori aree protette per gli habitat di acqua dolce potrebbe aiutare a conservare un maggior numero di specie in modo efficiente e, allo stesso tempo, gruppi molto divergenti di animali e piante” afferma Cristian Román-Palacios, un assistente professore dell’Università dell’Arizona.

Altra importante scoperta riguarda la relazione fra habitat e proliferazione delle specie, dove gli habitat in cui le specie proliferano più rapidamente hanno una maggiore biodiversità. I tassi di diversificazione possono dipendere da diversi fattori, ma le barriere geografiche possono essere le più importanti per spiegare le differenze nei tassi di diversificazione tra gli habitat, specialmente per giustificare l’alto tasso di biodiversità sulla terraferma.

Questo non significa che da questo momento bisogna prodigare ogni singolo sforzo economico per la conservazione delle acque dolci. Significa che ora abbiamo uno strumento in più per quantificare l’efficacia di queste azioni di conservazione nei diversi habitat.

Immagine in evidenza: Foto di Gokul Barman da Pexels

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