I mille colori del regno animale e il loro significato

In natura sono presenti molte specie animali aventi colori estremamente vivaci. Alcuni di loro li utilizzano per allontanare i predatori e altri per impressionare individui della loro stessa specie. Da cosa dipende questa differenza?

Molti di noi conoscono il temutissimo serpente corallo (Micrurus fulvius), caratterizzato dai colori giallo, rosso e nero distribuiti in anelli di spessore variabile lungo tutto il corpo. La sequenza cromatica dei colori è estremamente importante per il riconoscimento di questa specie poiché esistono altre specie di serpenti non velenosi che imitano i colori del serpente corallo come strategia difensiva. Alcune specie di uccelli, invece, mostrano i loro colori sgargianti per attirare le femmine della loro stessa specie durante il rituale di accoppiamento. Sembra quasi di trovarsi di fronte a dei dipinti dai colori straordinari. Quadri composti da macchie apparentemente disposte in maniera insensata, ma che sono tutt’altro che casuali. Lo scopo è proprio quello di capire perché i pittori della natura hanno scelto determinati colori.

I colori, quindi, nel mondo animale possono essere utilizzati per diversi scopi, talvolta molto diversi tra di loro. Come mai?

Proprio su questo tema si sono concentrati Zachary Embertse John J. Wiens, entrambi ricercatori del Dipartimento di Ecologia e Biologia Evolutiva dell’Università dell’Arizona. Hanno scoperto che vi è una connessione tra la funzione dei colori vivaci degli animali e le attività che svolgevano i loro antenati: le specie che utilizzano l’aposematismo (colorazioni sgargianti che avvertono i predatori di eventuale tossicità), derivano da antenati attivi durante la notte, al contrario, chi utilizza i colori accesi come segnale sessuale, discende da antenati attivi durante il giorno. “Non importa come una specie produca i colori. Il modo in cui un uccello produce il colore il rosso è diverso da come lo produce una lucertola, ma questo schema generale di attività giorno-notte funziona ancora“, afferma Wiens.

In generale, gli anfibi e i serpenti tendono a sfruttare i colori accesi per spaventare i predatori, mentre uccelli e lucertole li utilizzano durante il corteggiamento. La gran parte degli antenati di queste specie aveva colorazioni molto poco vivaci, ma nel tempo queste si sono differenziate ed evolute separatamente poiché ogni specie aveva esigenze differenti nell’ambito della riproduzione e della sopravvivenza. I rettili e gli anfibi, infatti, approfittavano dell’oscurità per accoppiarsi ed interagire con i membri della loro specie, di conseguenza i colori vivaci non rappresentavano alcun vantaggio durante queste attività. “I colori di avvertimento si sono evoluti anche nelle specie senza occhi” afferma, inoltre, Wiens. “È discutibile se la maggior parte dei serpenti o degli anfibi possa vedere i colori, quindi i loro colori vivaci sono generalmente usati per segnalare ai predatori piuttosto che ai membri della stessa specie“.

Per dimostrare ulteriormente questa ipotesi, è stato messo in atto un esperimento. Sono state prese in esame quasi 2000 specie di vertebrati terrestri e per ognuna è stata analizzata l’eventuale correlazione tra la funzione dei colori brillanti e l’attività diurna o notturna. I colori potevano assumere due significati:

  1. Segnali di avvertimento se una specie risulta essere velenosa o se imita un’altra specie velenosa
  2. Segnali sessuali se un sesso, comunemente i maschi, ha sviluppato una colorazione accesa a maturità sessuale a differenza dell’altro sesso

I colori più comuni erano il rosso, l’arancione, il giallo, il blu ed il viola. “È interessante vedere che per alcuni colori come il rosso, l’arancione e il giallo, vengono utilizzati con frequenza simile sia come un modo per evitare i predatori che come un modo per attirare il compagno“, sostiene Emberts. “La colorazione blu, invece,  era più frequentemente associata all’accoppiamento rispetto all’evitamento dei predatori“.

In questo caso ricerca sono stati presi in esame i vertebrati terresti, ma in futuro si pensa di ampliare lo studio anche a insetti e piante. Chissà come quando, come è perché è venuto in mente ai pittori della natura di disegnare degli occhi sulle ali della splendida farfalla Caligo idomeneus, conosciuta, non a caso, con il nome di testa di gufo.

Immagine in evidenza: D. Gordon E. Robertson, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

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