Alzheimer: malattia che non colpisce solo l’uomo

Un recente studio incentrato sulle analisi post mortem dei cetacei spiaggiati sulle coste scozzesi ha permesso di scoprire nei delfini alcuni marcatori del morbo di Alzheimer

L’Alzheimer è la forma più comune di demenza. Questa malattia neurodegenerativa, scoperta per la prima volta agli inizi del ’900 dal medico austriaco Alois Alzheimer, uccide progressivamente le cellule nervose, soprattutto quelle relative alle aree del cervello che regolano i processi di apprendimento e memoria. Si è spesso soliti associare questa patologia all’uomo, ma in realtà in natura esistono molte specie animali alle quali sono stati diagnosticati diversi tipi di demenza, tra i quali casi di Alzheimer.

I ricercatori dell’Università di Glasgow, di St Andrews ed Edimburgo e del Moredun Research Institute in Scozia hanno svolto delle analisi sui corpi di alcuni delfini (Tursiops truncatus) ritrovati spiaggiati sulle coste scozzesi a causa della perdita dell’orientamento.

Sono stati analizzati i resti di 22 cetacei e in 3 di essi sono state identificate delle variazioni celebrali associate alla malattia di Alzheimer umana. Si tratta della presenza di livelli anomali della proteina beta-amiloide accumulata in placche che interrompono le connessioni tra i neuroni nel cervello; della proteina tau nei neuroni, elemento costitutivo del citoscheletro, ma alterata nei pazienti ammalati di Alzheimer; e di un accumulo di cellule gliali che causano l’infiammazione del cervello. Una tale decadenza intellettiva potrebbe illustrare il motivo per il quale cetacei di differenti specie finiscono spiaggiati, tuttavia non è certo che questi animali fossero effettivamente affetti da tale morbo; inoltre non sono state ancora determinate con certezza le cause della degenerazione celebrale.

Come afferma il Dottor Mark Dagleish dell’Università di Glasgow capo del progetto, per stabilire se i delfini e altri cetacei possono soffrire di tale malattia, sarebbe opportuno compiere degli studi su individui ancora in vita presentanti gli stessi segni degenerativi.

Per quanto possa essere sorprendete ipotizzare che anche i cetacei possano soffrire di deficit cognitivi associati all’Alzheimer, è strettamente necessario compiere ulteriori ricerche per evitare di giungere a conclusioni affrettate e potenzialmente errate. D’altronde, questo è sicuramente il modo giusto per poter aiutare questa bellissima e affascinante specie, non credete?

Immagine in evidenza: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Tursiops_truncatus_01.jpg

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