Anche i delfini possono “gridare” per farsi sentire: lo dimostra uno studio sull’influenza dei rumori antropici

Lo studio effettuato dagli scienziati dell’Università di Bristol conferma ciò che tutti temevamo: i rumori di origine antropica possono effettivamente inficiare sul successo dei compiti cooperativi nei cetacei. Questi animali devono alla comunicazione tutto il loro successo adattativo

Di Giulia Santamaria

La comunicazione è alla base del successo della vita sociale; i delfini tursiopi, e i cetacei in generale, basano su questo processo di condivisioni delle informazioni buona parte delle loro attività. Questi animali infatti, si affidano al suono per il coordinamento di comportamenti complessi, l’individuazione di conspecifici e la navigazione. L’ecolocalizzazione è un aspetto fondamentale per la vita di questo gruppo tassonomico ed è perciò di importanza critica capire quanto l’attività antropica possa effettivamente comprometterla.

Ma come funziona esattamente? I cetacei hanno un organo specifico posto vicino allo sfiatatoio, nella parte superiore della testa, addetto ad emettere i suoni che gli permetteranno di percepire la distanza e la dimensioni di prede, conspecifici e ostacoli nel loro cammino. Sempre in questa parte della testa è situato il melone, ovvero un grande deposito adiposo che riduce la resistenza alle onde sonore tra il corpo dell’animale e l’acqua.

Questo fantastico sonar naturale però, non è infallibile. La pressione delle attività antropiche sta diventando sempre più invadente in qualsiasi tipologia di territorio; siamo la causa di deforestazione, frammentazione degli habitat e dell’inquinamento di qualsiasi tipo, anche quello acustico. Uno studio svolto nel Dolphin Research Center a Grassy Key, in Florida, ha infatti scoperto che le attività cooperative dei delfini tursiopi (Tursiops trucantus) sono gravemente disturbate delle attività umane.

I tursiopi sono animali estremamente sociali e vivono in gruppi che vanno dai 2 ai 15 individui; potete capire quanto sia importante la comunicazione in questi contesti altamente collaborativi. Ora immaginate di dover di organizzare un’operazione complessa, come per loro la caccia cooperativa, con 15 persone dentro a un locale con musica a tutto volume. È tipo il mio incubo, ma anche i poveri delfini non la vivono bene; in contesti fortemente disturbati sono quindi costretti ad “urlare” per cercare di tirar fuori qualcosa di utile.

Lo studio infatti, effettuato su due tursiopi maschi, ha osservato cosa succede esattamente quando individui che devono comunicare per il successo di un compito cooperativo sono disturbati da un forte rumore di origine antropica. I due poveri malcapitati in pratica dovevano schiacciare contemporaneamente due pulsanti posti ai lati opposti della laguna in cui si è svolto l’esperimento; per riuscire ovviamente, è fondamentale la comunicazione tra i due soggetti.

Lo studio ha evidenziato che all’aumentare del disturbo sonoro, emesso da un altoparlante subacqueo, i delfini erano costretti ad aumentare il volume e la durata delle vocalizzazioni; in pratica, porelli, dovevano strillare per finire il compito e ricevere due pesci dagli addestratori. Che vitaccia.

A volte nemmeno urlare era sufficiente a sovrastare i rumori, quindi i due soggetti erano costretti a nuotare da un lato all’altro della vasca per avvicinarsi all’altro e usufruire anche della comunicazione visiva tramite linguaggio del corpo. Nonostante abbiano evoluto un efficientissimo modo di comunicare e “vedere” a distanza, noi uomini costringiamo questi animali a utilizzare vie comunicative più primitive, abbassando di molto la loro efficienza nella cooperazione. Il test infatti aveva una percentuale di successo pari all’85% in condizioni di normali condizioni ambientali, mentre solo 62,5% in condizioni di forte disturbo.

I nostri risultati mostrano chiaramente la necessità di tenere conto di come il rumore influisce sui compiti di gruppo negli animali selvatici“, ha commentato Sørensen la prima autrice dello studio.

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